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Settimana lavorativa corta: chi ci sta pensando?

Nell’ultimo anno, dominato dall’emergenza sanitaria, il mondo del lavoro è stato letteralmente travolto da una serie di cambiamenti che stanno tracciando i contorni di un futuro rivoluzionato dalla tecnologia. I tradizionali modelli produttivi hanno ceduto il passo ad una nuova organizzazione, aprendo riflessioni sull’importanza di conciliare lavoro e vita privata in quella che definiamo new normality. Al lavoratore oggi si richiede l’acquisizione di nuove abilità e competenze attraverso l’aggiornamento mirato e la formazione continua come quella proposta da Risorse.it, mentre le aziende proseguono la strada dell’innovazione digitale.

 

Non stupisce che, alla luce delle grandi possibilità offerte dalle tecnologie, si torni ad affrontare nel dibattito pubblico un tema non certo nuovo come quello della settimana corta.

Se infatti il progresso tecnologico aumenta la produttività riducendo il tempo necessario a produrre, perché non accorciare la settimana lavorativa?

La Spagna ha affrontato il tema e lanciato un esperimento pilota che coinvolgerà nell’arco dei prossimi tre anni 200 imprese rappresentative dell’intero tessuto produttivo del Paese e migliaia di dipendenti.

Nel frattempo, arrivano risultati interessanti dalle sperimentazioni locali: la spagnola Software DELSOL, concentrando 36 ore lavorative in 4 giorni, ha registrato un aumento della produttività e del livello di soddisfazione di lavoratori e clienti e ha potuto assumere altri 29 dipendenti.

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Dalla Germania l’esperienza di Awin

 

La Pandemia ha imposto la sperimentazione dello smart working e, nel caso della berlinese Awin, anche della settimana corta. Nei 1000 dipendenti di Awin la settimana corta, inizialmente concessa in via transitoria per alleggerire il carico di lavoro, ha generato un livello di soddisfazione e produttività tali da essere adottata in forma permanente.

 

La settimana corta nel Regno Unito

 

Circa 300 mila piccole e medie imprese e 840 mila dipendenti lavorano quattro giorni alla settimana nel Regno Unito e, come riferisce un sondaggio pubblicato su Telegraph, il 20% delle aziende sta valutando la possibilità di ridurre a 4 giorni la settimana lavorativa.

 

Ad un maggiore numero di ore lavorate corrisponde una maggiore produttività?

 

Sembra proprio di no: già nel 2019 l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, rilevava come la produttività non fosse direttamente proporzionale al numero di ore lavorate: in Italia, che insieme a Grecia ed Estonia è in cima alla classifica dei Paesi con il numero maggiore di ore lavorate, la settimana lavorativa dura mediamente 33 ore, 3 in più rispetto alla media europea. In Germania si lavora mediamente 26 ore settimanali, nei Paesi Bassi 28, in Lussemburgo, Austria e Francia 29. Il maggior numero di ore lavorate in Italia non corrisponde a livelli maggiori di retribuzione e rendimento, mentre proprio in Germania, dove si lavora di meno, si registrano i più alti livelli di produttività. 

 

Dal progetto spagnolo alle sperimentazioni locali, la settimana corta sarà mai realtà?

 

L’esito del progetto pilota spagnolo e le valutazioni delle sperimentazioni locali richiederanno qualche anno, un tempo necessario a capire se il modello organizzativo esistente, diffuso in quasi tutto il mondo e rimasto pressoché invariato dai tempi della rivoluzione industriale, sia davvero ancora funzionale alla produttività delle moderne aziende e al benessere dei lavoratori.